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AZZURRI

IL FLOP AZZURRO UNDER20 E’ FRUTTO DEL SISTEMA

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Una fase di Georgia Vs Italia – Under20

Come ogni anno, quando partecipa al Mondiale juniores, la nostra Selezione Under20 si gioca la finalina per non arrivare ultima, per non  retrocedere nel mondo delle Nazionali di Serie B. Quest’anno il dentro o fuori ce lo giochiamo con il Giappone dopo che abbiamo già concesso alla Georgia di batterci di un solo punto in una partita che se avessimo perso di 20 punti nessuno avrebbe avuto niente da dire.

Inghilterra, Australia, Scozia e Georgia, quattro sconfitte, 131 punti subiti contro 56 fatti, molti di questi ultimi realizzati a risultato acquisito da parte degli avversari. Una debacle. Se Inghilterra e Australia nell’immaginario collettivo sono imbattibili per i colori azzurri, che è un approccio da veri perdenti ma questo è quello che si ha in Italia e tant’è, per lo stesso immaginario le altre due sarebbero state le Nazionali da battere ma non è stato così e nemmeno la Scozia ha avuto eccessivi problemi a mettere i punti in cascina.

Se fosse solo una questione di risultati avremmo di che sperare per il futuro ma quello che si è visto in campo fra i nostri azzurrini è la mancanza di qualità tecnica, questa è la cosa che ha impressionato di più. I ragazzi ce la mettono tutta ma sono distanti anni luce dai loro coetanei e nemmeno la testa li aiuta più di tanto. Molti di loro giocano in Italia nelle Serie minori o hanno scarsi minutaggi in Eccellenza, del resto, visto i livelli di cui sopra, non si vede perchè un Coach delle massime categorie dovrebbe utilizzarli a tempo pieno. In campo si va sempre con la migliore formazione del momento, perchè in campo si va sempre per vincere mica per fare accademia. (Ops cosa ho scritto mai!!!)

La questione dell’Under20 è ormai talmente intricata che non si risolve in poche righe, il sistema a circuito chiuso della Accademia sostanzialmente circoscrive a pochi ciò che, a quella età, dovrebbe essere un panorama di molti o comunque decisamente molti di più. I livelli tecnici vengono gestiti in house e sempre a circuito chiuso, non esiste apertura verso l’esterno tanto meno verso il rugby mondiale che conta. I ragazzi in Accademia sono sottoposti ad un processo di “auto-referenzialità” che fa loro assumere atteggiamenti decisamente scoordinati quando, per chiamata quasi obbligatoria e non certo per selezione tipo “draft NBA”, arrivano in qualche club di vertice.

Panorama non bellissimo che quasi dispiace doverlo raccontare ma il rugby azzurro di questi tempi ha ben poco da farci sorridere. Noi gli vogliamo bene lo stesso ma non basta.

Da questa estate a cercare di mettere una pezza a tutta questo sfascio giovanile arriverà un altro irlandese che affiancherà Conor O’Shea, Stephen Aboud. Un tipo certamente in gambissima, siamo fieri che presto possa essere uno dei nostri, siamo certi che darà il massimo e porterà innovazioni interessanti. Però il vizio tutto italico dell’uomo solo che fa tutto sarebbe meglio ce lo togliessimo. Dire che Aboud è la soluzione è come dire oggi che Alessandro Troncon e Carlo Orlandi sono il problema mentre sappiamo che è l’intera organizzazione del movimento il vero problema. Jacques Brunel quando è arrivato da noi non era una “patacca”.

Rifondare il movimento è la mission, è questo l’unico modo perchè il blocco irlandese, che è arrivato ed arriverà nei prossimi mesi a gestire e coordinare il nostro rugby di Alto Livello, non fallisca. I risultati negativi dell’Under20 sono il frutto prima di tutto di un sistema non corretto e poi del campo.

Intanto ci tocca il test finale con l’arrembante Giappone. Io speriamo che me la cavo.

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