La sconfitta della Nazionale italiana con la Scozia ha rappresentato un motivo di speranza tecnica per molti. Sicuramente si son visti Azzurri buoni in campo ma alla fine risultato e commenti erano sempre gli stessi.
E’ un giro di valzer, sono molti anni che, quando si parla di Nazionale, c’è la promessa dei nuovi giovani che ……faremo grandi cose. Da quando è cominciata questa tiritera abbiamo cambiato “giovani” ormai tre volte, alcuni giovani di ieri sono in campo con quelli di oggi, di alcuni, idolatrati in passato, abbiamo perso le tracce. Anche i commenti sui giovani di ieri e di oggi non sono cambiati di un soffio: sono bravi, devono fare esperienza, cresceranno, dobbiamo dare tempo ecc ecc.
Piaccia o no quello che si racconta è un refrain documentabile che nasce dall’idea che noi davanti si abbia ancora tutto il tempo che vogliamo, ma purtroppo non è così. Intanto il prestigio internazionale dell’Italia del rugby è crollato, molte Nations ci hanno superato alla grande (una per tutte il Giappone…) il pubblico se ne è andato, gli sponsor fanno difficoltà e tanto altro che si scrive ahimè fin troppo spesso.
Insomma tempo in realtà non ne abbiamo. E se facessimo allora un passo indietro? Ritornassimo ad accumulare dei forti oriundi, degli eleggibili di qualità, insomma se rifacessimo con clamore la strada che ci portò in Italia una pattuglia di argentini fenomenale (l’ultimo che ci ha salutato è stato il Capitan Parisse) e ci fece sognare?
Sembra una idea balzana ma in realtà non lo è affatto. E’ quello che la FIR sta già facendo con la Nazionale attuale. Solo che non funziona. Si perde ancora. Forse perchè gli “internazionali” in azzurro con la Scozia erano in campo solo in tre (Polledri, Steyn, Negri) e due in panchina (Varney e Meyer)? Pochi e forse non nei ruoli “giusti”?
Da queste parti siamo sempre stati particolarmente orgogliosi dell’ingresso in campo di ragazzi azzurri cresciuti nel nostro territorio ovale ma se il giocattolo formativo non ha funzionato a dovere ed i risultati sono scarsi allora qualcosa va fatto per evitare di passare ancora anni prima di vincere un match serio.
Insomma da queste parti ci si chiede se, nelle logica del male minore, non sia il caso di spingere la politica di ingresso degli “internazionali” in azzurro e magari riportarli a quei 8/9 che erano fino allo scorso mondiale. Se fosse un modo per alzare la qualità, per farci guadagnare tempo prezioso davanti al mondo e, in questo tempo , ripartissimo con un progetto di formazione più profondo per ampliare la nostra base giovanile azzurra e la sua qualità? Se servisse davvero…..
La domanda è: facessimo un passo indietro e questo ci aiutasse a non naufragare? Non si sa se vale la candela ma per ora vale una riflessione.