A Sx Coach Greg Cooper neozelandese, a dx invece il super-coach sudafricano Jake White
Il professionismo di Francia, Inghilterra e Giappone comincia a pesare seriamente su tutto il rugby mondiale. La montagna di denaro che questi tre paesi riescono (evviva e bravi loro) a convogliare, in particolare sui loro rugby di club, sta diventando un serio problema per lo sviluppo del rugby mondiale.
Il discorso sarebbe molto complesso ma intanto è innegabile che i flussi dei migliori giocatori si sta dirigendo solo in quei paesi, rendendo difficile la crescita del domestic rugby di paesi davvero importanti come Sudafrica, Nuova Zelanda, Argentina. Per non parlare della “guerra” quotidiana che fanno il rubgy irlandese e soprattutto gallese con “i soldi” dei paesi di cui sopra.
Così capita che, sulla stampa mondiale, sono comparse quasi in contemporanea le dichiarazioni di due grandi Coach che si sono, forse involontariamente (forse?), sfidati sull’argomento.
Il big Coach sudafricano Jake White il quale crede sia arrivato il momento per gli Springboks di impedire le convocazioni ai giocatori che giocano all’estero (i cosiddetti “overseas”).
White approva quanto fatto da Erasmus che con quei giocatori ha vinto la Coppa del Mondo ma dice che “…non possiamo permetterlo con il prossimo ciclo di giocatori….le franchigie sudafricane sono diventate fondamentalmente le accademie per i club overseas, con le squadre in Europa e Giappone che beneficiano fondamentalmente del programma di sviluppo giovanile del paese (Sudafrica). I migliori talenti senior sono all’estero, noi facciamo giocare i giovani della scuola che altrimenti non sarebbero stati coinvolti nel rugby senior e poi, quando questi giovani hanno 21 o 22 anni, firmano per i club oversaes e vanno lì a fare il picco della loro carriera“.
White avverte di fatto tutti che se i giocatori non rimangono internamente il rugby rischia di deprezzarsi nel paese; gli stessi Springboks potrebbero retrocedere per manifesta mancanza di controllo sui propri campioni che peraltro stanno già ingrassando alcune nazionali estere (Scozia prima fra tutte).
Jake White ammette che :” Non ho dubbi che il modello attuale stia funzionando e alcuni direbbero che è molto intelligente: SA Rugby fa pagare ai club overseas gli stipendi dei migliori giocatori nazionali e poi loro giocano per il Sudafrica“. Però è chiaro che la cosa comincia a non funzionare più, sia perchè in patria si comincia a vedere disaffezione senza i propri campioni, sia per i risultati ed il gioco delle proprie franchigie, sia perchè i club “overseas” hanno capito la cosa ed avanzano nuove e “forti” pretese.
Il neozelandese Greg Cooper la mette in maniera opposta, certo lui è anche il Coach dei giapponesi Mitsubishi Sagamihara DynaBoars, difficilmente potrebbe dire il contrario ma sentiamo cosa ha detto ad Otago Daily Times: ” Se fossi a capo del rugby neozelandese il primo sindacato nazionale con cui vorrei parlare sarebbe il Giappone. Dovrebbero iniziare a pensare a come fondere la stagione di rugby giapponese con la stagione del Super Rugby. I migliori giocatori di rugby neozelandesi possono venire qui e tornare in Nuova Zelanda. Abbiamo visto giocatori farlo. Così è il mondo ora, così deve essere”.
Insomma Cooper non la posa piano ma sono le motivazioni sulle quali appoggia il suo discorso ad essere forti:” L’economia della Nuova Zelanda non può sostenere dove sta andando il rugby professionale. Per me il Giappone dovrebbe essere il nostro più grande amico in termini di rugby, e dovremmo fare tutto il possibile per collegarci con loro. Non si tratta di vedere il Giappone come una minaccia. Si tratta di trovare modi per lavorare con loro“.
Insomma lo spazio per il rugby nel mondo è definito dallo schema economico del professionismo di club? Quanto ci metterebbe questo schema a mangiarsi le Nazionali (lo sta facendo) decidendo chi può giocare, dove, quando e con chi? Ma si potrebbero fare altre cento domande….
Resta il fatto che da queste parti non si è per nulla contrari alla evoluzione economica del nostro sport, però , quando questa è così limitata nel mondo, forse il tema è la sua espansione e non la restrizione ai pochi scenari esistenti. White dice praticamente questo mentre Cooper pensa di far gestire alle Nation ricche circa-quasi delle “zone di influenza” (il Giappone avrebbe il Pacifico con la Nuova Zelanda , mezza Europa alla Francia e mezza all’Inghilterra e via così…).
Alla fine però le opposte “filosofie” di White e quella di Cooper hanno un punto in comune: condividono il fatto che la finanza anglo-franco-giap è sempre di più un fardello per il resto del mondo, magari d’oro ma pur sempre un pesante fardello. Si deve partire da qui.