Il mondo del rugby super-professionistico mondiale sta girando su se stesso ed è in stato semi-confusionale. Sembra sia così, dal sud sudafrica-neozelandese al nord anglo-francese è tutto un cumularsi di tensioni, di “piccoli” problemi che diventano grandi, si sentono raccontare formule fantasiose, sintomi di debolezza o di innovazione? In realtà è la prima.
Perchè il rugby professionistico di cui sopra anni fa si è chiuso a riccio, ha di fatto chiuso le porte ed ora non basta a se stesso. Poi c’è stata anche la pandemia ma anche l’incapacità di quel rugby mondiale di prevederne gli effetti a medio-lungo. Ecco che la fame di soldi si è solo moltiplicata.
Gli scenari che cerchiamo di elencare in brevità qui di seguito sono un sintomo di debolezza e di staticità; però non è “pessimismo” perchè il gioco rimane bellissimo, è solo la “macchina da guerra” del professionismo ovale che è in pesante affanno.
I club anglo-francesi si divertono poco con la Champions Cup, il loro pubblico comincia a preferire le partite interne alle ripetizioni delle stesse in chiave europea. La Challenge Cup è in posizione da super-bilico sul precipizio… . Si cercano nuove formule, ma il taglia-fuori di anni fa preclude spazi. C’è scarsa redditività. I campionati britannici si sono già stati venduti in quota ai fondi di investimento.
I club francesi sono abbarbicati ai loro budget che non bastano mai, li tengono in piedi i diritti TV ma di lì non si schiodano: è finito il giro delle copiose stelle e stelline straniere super pagate, ora tocca alla talentuosa e più economica gioventù locale. Il problema transalpino sta però sotto il Top14 dove i club scricchiolano pesantemente. La federazione francese è al risparmio, persino lo stadio dove gioca la Nazionale è in discussione: costa troppo.
I sudafricani hanno un piede in Europa in URC e raccontano di voler fare, a livello Springboks, il Sei Nazioni (sette). In realtà stanno potenziando il loro campionato interno perchè gli stadi delle franchigie sono sempre più vuoti con URC e lo scollamento del pubblico, nonostante la vittoria mondiale, è evidente.
I neozelandesi hanno preferito farsi un Super Rugby per i fatti propri, si sono tenuti il deflagrato rugby australiano a comparsa e ci hanno messo dentro un paio di squadre isolane, che però giocano rigorosamente in Nuova Zelanda: et voilà, le jeux sont fait. La Nazionale delle felci ha fame di soldi come poche, si sono venduti pure i diritti commerciali della parola “All Blacks”. Dopo la frutta c’è il caffè e poi qualcuno presenterà il conto finale.
I giapponesi, che però sono una Nation emergente si sono ritirati da tempo sulle proprie isole, hanno un campionato bello e ricco, pare vada anche bene. Hanno fatto richiesta anche loro per il Sei Nazioni (sette, otto…) o per il “The Championship”. Qualcuno li prende di sicuro. Prende i loro soldi. Aaahh lo splendido isolamento.
Gli irlandesi sono sempre in equilibrio.. quasi. Bravi da morire a reggere il colpo, con qualche evidente buco in Nazionale però, dove gli equiparati fanno la differenza. Ma le franchigie che reggono sono solo due, averne quattro comincia a pesare anche lì. In IRFU si discute….
Gli scozzesi sono fermi. Hanno trovato la formula della precarietà perfetta, le due di URC fanno bene, sono ben collegate alla Nazionale mezza sudafricana. Non hanno un becco di un quattrino ma non hanno piani di crescita, solo di sopravvivenza. I borders tifano però per la Premiership.
I gallesi hanno una guerra dentro la federazione, casse vuote e progetti a zero, quale futuro per i dragoni? C’è chi pensa al campionato interno, chi vuol mettere una o due franchigie in Premiership, chi vuole tagliarne due su quattro…. un potenziale terremoto. Intanto la nazionale under2o, quella femminile e quella maggiore hanno tutte perso con l’Italia nei rispettivi Sei Nazioni, al di là della statistica per loro è un campanello che suona forte.
A proposito di emergenti: chi lo guarda più il ricco continente americano? Non tanto l’Argentina che dopo la diaspora di giocatori Pumas si sta ricomponendo ma le piazze USA e Canada? Dopo tante chiacchiere europee quelle due stanno facendo da sole. Le federazioni hanno problemi di “respiro” e le Nazionali pure, resiste la privatissima Major League Rugby USA che adesso ha 13 team di cui uno canadese. Beh… dai….mah.
La sofferenza mondiale si alimenta anche dei “rimedi” della World Rugby e la sua spasmodica ricerca, per il rugby dei professionisti, della perfezione da spettacolo“: i continui cambi di regole e le incessabili precisazioni regolamentari sui singoli gesti in campo. Tutto per piacere di più, subito ed ora che non c’è tempo, a chi non è del rugby. Un delirio che porta ad altri deliri, come l’idea sudafricana del doppio arbitro o forse triplo e quadruplo per gli “arbitri di mischia”.
Insomma per qualcuno c’è un freno che tira, i ritmi delle grandi “prof” rallentano. Per gli “emergenti” è il momento di fare le cose fatte bene, tentare l’avvicinamento, c’è spazio e soprattutto forse un po’ di tempo in più per recuperare qualche misura. Forza Italrugby.