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AZZURRI

PARTENDO DA GENOVA: IL NOSTRO NUOVO GRANDE CANTIERE

Genova è un grande cantiere, lo è sul serio, lo è stato per il nostro rugby. Lo è stato in passato che ancora il nome di Marco Bollesan mette i brividi e ancora di più lo mettono i tanti “Bollesan” sconosciuti che hanno dato vita da lì al nostro mondo ovale.

Un cantiere Genova lo è stata  lo scorso fine settimana quando ha meravigliosamente accolto la conclusione di questo meraviglioso tour autunnale del nostro mondo azzurro.

Dopo il successo con Samoa e, ancor di più, dopo quello con i “canguri”, Genova, il giorno da passare a Genova, non semplicemente la partita di Genova,  era diventato, per tutti quelli che seguono davvero il nostro rugby, un punto dove si decideva: o di qua o di là.

A Genova si dovevano pesare tante cose, magari fosse stato solo il termometro tecnico di Lamaro & Co la vera prova, a Genova c’era in gioco tanta parte del nostro rugby. Vediamone alcune.

CANTIERE AZZURRO  Il team azzurro era l’unica cosa che a Genova non era più sotto scacco, i risultati precedenti erano stati più che sufficiente. Era effettivamente richiesto agli azzurri, almeno al nostro primo XV, di essere all’altezza del match, di non soccombere da subito (per un attimo nei primi minuti ci è venuto questo brivido), di darci modo di essere convinti dei numeri visti, di darci la possibilità di guardare avanti. Questo è in effetti accaduto, alla grande.

Nella partita non è stato solo il magico primo tempo che ci ha dato tutto questo, ma nel secondo tempo quella meta conquistata con tutto il furore ancora possibile è stato un segnale chiaro. Quella di Cannone non era la “meta di consolazione” che spesso abbiamo visto, davanti c’erano avversari per niente disponibili a subirla, non c’è stato un solo calo di tensione nel match, quella è stata la nostra risposta in termini di presenza, la nostra risposta come capacità tecnica di passare ancora una volta la loro linea, era la meta che diceva:” siete più forti ma noi siamo ancora qui!”.

I dati tecnici di queste Autumn Series sono noti: abbiamo un gioco nuovo, abbiamo una capacità di crescita (non solo la “possibilità”), entriamo in campo non per imparare a giocare ma per vincere. Il “cantiere” azzurro promette bene.

CANTIERE FIDUCIA Il declino importante del nostro rugby nel pubblico era evidente, dalla presenza sempre in calare negli stadi (alcuni match del Sei Nazioni all’Olimpico sono stati imbarazzanti) fino alla drastica riduzione di presenze davanti alla TV e sul web. Finita la storiella delle “sconfitte onorevoli” la gente ci aveva lasciato. Genova ha segnato la svolta, merito anche della FIR che ha fatto scelte assolutamente corrette, progettando la presenza stadi in escalation, rischiando anche un po’.

La scelta di Padova-Stadio Plebiscito non era facile, una ottima organizzazione e ottima gestione della comunicazione e degli spazi ha tramutato un per niente scontato “tutto esaurito” in una festa di gente e di rugby. Firenze era la prova generale ma forse anche l’esaudimento di una promessa fatta a quella città. Lì non c’è stato lo stesso pathos ma la giornata vincente dei nostri Azzurri ha reso tutto un bellissimo sogno.

Genova era la prova del nove. Stadio tutto esaurito  (27000 spettatori), una festa incredibile, una organizzazione perfetta ha canalizzato una passione travolgente, condita anche da giorni precedenti carichi di eventi collaterali e messaggi positivi. La partita in terra ligure ha dato l’impressione che il pubblico ci avesse riabbracciato, non solo per le vittorie delle due settimane prima però. Perchè quando il Sudafrica ci è balzato addosso e ci ha prima domati e poi storditi di mete, il pubblico non ha ceduto un passo. C’era come prima. Così è stato chiaro che questa Nazionale, questo modo di giocare e fare rugby aveva centrato il segno, aveva ripreso il cuore della gente.

La gente del mondo ovale ma anche le tante famiglie ovali arrivate al Ferraris davano segno di avere ripreso ad aver fiducia nel nostro rugby.

I dati di ascolto TV poi hanno ancora dimostrato questo: 255.000 spettatori (SKY+TV8) contro Samoa (264.000 persone coinvolte se contiamo le presenze allo stadio), 421.000 contro l’Australia (ca 443.000 totale) e 511.000 con il Sudafrica (538.000). Numeri che non si vedevano da tempo, la progressione è magari figlia delle vittorie ma la quantità della progressione è segno di una voglia di “ritorno a casa” che era forte nella nostra gente. Allo stadio come davanti al piccolo schermo, cercavano un motivo, questi Azzurri glielo hanno dato.

CANTIERE RUGBY Genova è stato per tutti questi motivi e per molti altri che sono palesi, un punto di svolta, bravi coloro che lo hanno costruito perchè fosse tale, bravi gli Azzurri che sono andati in campo a Padova “pensando a Genova”.  Bravi a tutti quelli che ci hanno messo le idee, bravi anche a quelli che ci hanno messo la passione e poi la fiducia. Adesso bisogna fare in modo che questo cantiere continui a lavorare.

Kieran Crowley continuerà a fare il suo, ma ora non è questo il tema. Che lui ed i suoi ragazzi possano essere all’altezza si è capito, ora è tutto il resto del mondo ovale che deve dimostrare la stessa cosa: dal Presidente federale all’ultimo appassionato passando per dirigenti locali e di vertice, Coach in vista e meno in vista. Tutti in proporzione alla propria “responsabilità e partecipazione”, ma tutti, proprio tutti devono fare questo passo. Non è una frase di circostanza, è la realtà. Pensiamoci su e poi entriamoci anche noi in questo cantiere, ripartiamo da Genova.

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