In quello che è un dibattito a denti strettissimi (qualcuno drighigna, si sente fino a qui) fra Federazione e club di Top10 per il futuro di codesto “illustre” campionato è arrivato il momento di inserire un paio di concetti banali.
Il primo è che questo campionato, per espressa rinuncia della precedente Lega dei Club nel 2009, è di proprietà della FIR.
Il dissolvimento della LIRE (si chiamava così la Lega) fu un atto da politiconi. Il principale attore di questa cosa, la Benetton Treviso, ha raggiunto l’obiettivo che si era data all’epoca con quello scioglimento e sta comodamente seduta in URC planando solitariamente fra Galles e Sudafrica con i soldi della stessa FIR. L’altro attore, il Calvisano, ha di fatto guidato la FIR per nove anni. I romani (che si “allearono” di fatto con i nordisti di cui sopra) invece hanno fallito su tutta la linea ed ora si leccano le ferite, profonde.
Gli altri club rimasti e quelli poi acquisiti, provenienti dalla Serie A, si sono cullati nei sogni altrui intestandosi il ruolo di lamentosi e/o volonterosi, a secondo delle orecchie che ascoltavano. Qualcuno ha costruito, qualcuno ha dormito, qualcuno ha speso, qualcuno ha vivacchiato.
Di quella Lega quasi prof però, nell’attuale Top10, ci sono solo Petrarca, Rovigo, Viadana e Calvisano.
Il campionato Top10 è di proprietà della FIR, se lo segnino i club che vi partecipano, perchè è evidente che per riscattarlo una seconda volta a distanza di una dozzina d’anni dopo che sono stati gli stessi club a pugnalarsi a vicenda, non sarà facile. Perchè in questo spazio di tempo sono cambiate tantissime cose.
Per riassumere il cambiamento bastano forse due parole: Alto Livello. Si chiama così, piaccia o no, la dimensione in cui la FIR ha strenuamente bisogno si cimentino i top player cullati in accademie di tipo A o B che siano. Questo serve.
“Alto Livello” però non può essere solo una condizione/conduzione tecnica del Club, non basta fare buon campo ed ottima palestra, ci vuole organizzazione, studio, rilevazione dati, rapporti con i team, profili medici e di gestione atletica, gestione dell’immagine e della dimensione esterna, scouting, dirigenza, tessuto economico, territorio che ti riconosca (qualcosa in questo elenco manca, me lo sento, ma ci siamo capiti).
Questo è quello che serve ai club per poter garantirsi un profilo di Alto Livello e non si realizza con le briciole di contributo economico che paiono essere alla base delle richieste dei Club attuali di Top10 alla FIR. Questa pare solo una battaglia di retroguardia.
Quando un club di Serie A viene promosso in Top10 quello che si nota immediatamente fino dai suoi primi match è l’assoluto divario tecnico con la nuova categoria che questo affronta, giocare in Top10 per un team della categoria inferiore è spesso un iniziale massacro che termina spesso con la retrocessione.
Ma, se è chiaro che tecnicamente, fra Serie A e Top10 esiste un divario pesante, quanto è diversa l’organizzazione di un club di Top10 rispetto ad uno di buon livello della categoria inferiore? Davvero poco le differenze sono quasi sempre solo sul piano, appunto, tecnico.
Le Società di Top10 vivono in una dimensione da Serie A per gran parte delle proprie attività, e questo determina la loro impossibilità ad essere “Alto Livello”.
E così si arriva al secondo concetto: alla FIR non serve un’altra Serie A.
Quello che la Federazione giustamente cerca non è una Serie A dove si corra più veloce e si facciano più allenamenti, magari alla luce del sole, si abbia una palestra più grande e qualche fisio in più. La Federazione ha bisogno di una serie di Club di “Alto Livello” molto più vicini alla organizzazione complessiva e complessa della Benetton e/o delle Zebre che non a quella della Serie A. Ma il Top10 oggi non è così.
Il campionato è di proprietà della FIR alla quale non serve una seconda Serie A, in sintesi il massimo campionato va rifondato. Prima o poi ce lo dovremo dire a voce alta, cominciamo ora anche per sentire come suona, ricordandoci che della vecchia LIRE oggi ne sono rimasti solo quattro.
Forza Top10.