Il prossimo campionato italiano, quello che sarà a nove squadre per scendere ad otto nel successivo e si chiamerà forse ancora Eccellenza, comincerà ad avere delle regole di accesso che via via si rafforzeranno negli anni. Non basterà il titolo sportivo per giocare in quel TOP lì, ci vorranno, un certo stadio, una presenza di vivaio giovanile, un tipo di organizzazione interna e soprattutto “esterna” (marketing e commerciale), un budget minimo di spesa e via così. Ne abbiamo già parlato parecchio da queste parti, tutti sanno che qui si appoggia convintamente la cosa, ora c’è da sperare che la FIR faccia davvero sul serio.
Gli inglesi invece fanno sempre maledettamente sul serio. Questo è quello che avrà pensato qualcuno in Italia vedendo da parte della Federazione inglese in questi giorni l’esclusione dal rugby giocato, almeno per il prossimo anno, dei London Irish, leggendario club di Premiership, anno di fondazione 1898. La RFU ne ha verificato lo stato di inconsistenza economica, verificato il mancato pagamento di parte degli stipendi e la “regola” su bilancio e principi economici è stata applicata: London Irish accompagnati alla porta. Terzo club inglese della massima categoria incappato nella cancellazione, prima di loro Worcester Warriors e Wasps. Tutto in meno di un anno e senza tanto clamore.
E’ chiaro che i due paragrafi precedenti rappresentano due situazioni opposte ma convergenti (quest’ultima è la parolina magica di oggi): noi in Italia che stiamo “nascendo” a questo metodo, che per l’Alto Livello è proprio di tutto il mondo, in molti sport ed anche in paesi molto più piccoli del nostro, e poi in Inghilterra dove ormai sono super collaudati alla cosa e la vivono con la serenità della semplice e matura applicazione di regole.
E’ piuttosto chiaro che, qui da noi, il passaggio ad un sistema di regole certificato non sarà banale e ci vorranno diversi anni per arrivare a comprenderle tutte davvero, ci saranno (ci sono già) resistenze al cambiamento forti che verranno aiutate soprattutto dai “politici” del nostro sport, in virtù di questo clima da “campagna elettorale permanente” che vive orma da molti anni la nostra federazione.
Ma durante la trasformazione e subito dopo, se questo cambiamento riuscirà ad esserci, come sarà il nostro rugby? L’Italia sarà spaccata in due e noi è proprio a questo che non siamo assolutamente abituati.
La spaccatura in effetti c’è già, se si pensa a Treviso che vive da sola una realtà che non ha nulla a che fare con tutto il resto d’Italia (chi vorrebbe che qui scrivessi anche la parola “Zebre” ritorni pure a vivere su Marte) ma questo però sarà molto diverso. Saranno due velocità molto diverse.
Perchè la concentrazione degli otto team di quella nuova Eccellenza produrrà uno sforzo economico, di sviluppo, promo e soprattutto di assorbimento tecnico che sarà almeno triplo rispetto all’attuale, il distacco anche organizzativo con le categorie subito sotto si aprirà come una voragine in tempi decisamente brevi. Ma, se si vorrà che la cosa funzioni in tempi almeno ragionevoli, prima che tutto il rugby mondiale ci sfugga via e ci lasci soli a pietire, dovrà essere così.
Ci saranno i due livelli di rugby in Italia, avranno fra loro una separazione anche molto netta e larga. La cosa potrà non essere però un dramma se la FIR saprà mettere in campo una serie di piccole e grandi riforme anche di piccolo impatto per la salvaguardia dello stile e della composizione dei campionati minori, della vita delle Società e della loro possibilità di essere territorio, per la salvaguardia del gioco di tutti e del sogno dei più giovani.
Per una volta dovremo dire “evviva le due velocità” ma per saper mettere in campo davvero la prima, quella “turbo”, forse la Federazione dovrà creare una serie di “regole” anche per la seconda. E’ un lavoraccio ma va fatto
Forza rugby italiano.